INTERVISTA A RÉBECCA DAUTREMER

Al Salone del libro per ragazzi di Montreuil (1-6 dicembre 2010), di spicco la presenza di Rébecca Dautremer, una delle illustratrici più seguite del momento. Immersi in questo entusiasmante calderone culturale l’abbiamo incontrata. Conosciutissima per le sue favolose principesse riconferma il suo successo con la sua ultima pubblicazione Alice au pays des merveilles (ed. Gautier-Languereau). Appassionata di disegno sin da piccola, Rébecca Dautremer ha studiato Arts Décoratifs, dirigendosi verso il design grafico e la fotografia. Dopo un primo album, Swing Café (ed. Didier Jeunesse), non si è più fermata: successo, tre figli e un marito, Tai-Marc Le Than autore per ragazzi, con il quale collabora regolarmente.

Hai appena lavorato su un classico della letteratura per ragazzi Alice nel paese delle meraviglie, accolto con successo dalla critica e dal pubblico. Com’è nata l’idea d’illustrare la storia creata da Lewis Carroll (1832-1898) ?

È l’editore che mi ha proposto il progetto. Inizialmente non ero proprio convinta anche perché è un testo che non mi ha mai entusiasmato più di tanto. Poi, con grande sorpresa, leggendo il testo integrale, cogliendone le sfumature, lo stile, l’ho trovato straordinario, ma ciò che mi ha incuriosito di più è stato l’autore Lewis Caroll, nonostante i tratti di ambiguità. Mi sono interessata alla sua vita ma anche alle foto che lui stesso fece ad Alice Liddell (1852-1934), la ragazzetta brunetta che lo ispirò per creare la protagonista della storia. Ho deciso d’illustrare il testo partendo proprio dalle foto e dal personaggio di Alice Liddell. Certo, è già stato fatto tantissimo, si è visto di tutto, ed è per questo che non sono andata troppo a sbirciare nelle cose già realizzate, ma ho cercato di lavorare come se non avessi visto mai niente su Alice. Poi è entrato in gioco il voler rinnovare alcuni personaggi classici della storia, cercando di andare oltre le fattezze o gli elementi che li avevano resi facilmente identificabili come per il personaggio del cappellaio… Non per tutti però, per evitare di cadere in stereotipi inutili.

Dopo anni di successi, con lavori pubblicati anche all’estero, hai acquisito particolari abitudini o piccole manie?

Non per il momento: lavoro a casa mia, nel bel mezzo di una famiglia composta da tre figli che vanno dai 9 ai 14 anni, quindi c’è sempre un po’ di rumore. Inoltre lavoro spesso ascoltando la musica o la radio. Insomma, meglio lavorare senza avere troppe manie, magari nella confusione, l’importante per me è che il lavoro sia compiuto e che vada avanti, così posso lavorare in ogni situazione, anche in vacanza. La particolarità è proprio che lavoro dappertutto forse perché amo il mio lavoro. La sera quando vado a coricarmi penso all’immagine a cui dovrò lavorare l’indomani. Forse la mia mania è quella di non mollare mai.

Hai realizzato diverse opere con Tai-Marc Le Than, tuo marito. Come vi organizzate nella routine di tutti i giorni quando lavorate ad uno stesso progetto? Ci sono opposti che vi uniscono in fase creativa?

Ci sono solo vantaggi a lavorare in famiglia. Quando abbiamo un progetto insieme abbiamo mille occasioni per parlarne. Lui scrive, io illustro, e se qualche cosa non va ne parliamo subito, senza intermediari ma direttamente a tavola. È vero che lui è più riservato di me, quindi basta che i soggetti da realizzare siano un po’ troppo seri e lui infila subito note umoristiche, credo più per pudore che altro… certo ha anche un buon senso dell’umorismo che non è quello abituale, diciamo scontato, è un umorismo penetrante. Mi piace quello che fa, mi fa ridere, d’altro canto anch’io, certo in maniera più discreta, inserisco piccoli dettagli umoristici nelle mie illustrazioni, dei clin d’œil.

Princesse dimenticate o sconosciute (ed. Rizzoli), mirabile serie di ritratti di principesse mai viste, è un’opera che ha confermato in maniera definitiva il tuo talento, come nasce l’universo di quest’opera?

Da ragazzina non era proprio appassionata di principesse. In generale, mi piacevano i loro bei vestiti, m’intrigava la mise, quello sì che mi faceva sognare. Poi è arrivato il lavoro di Philippe Lechermeier, l’autore. L’editore è stato molto entusiasta. Ho avuto la grande fortuna di poter discutere apertamente del progetto con Philippe, dal nostro scambio sono nati ulteriori ritratti di principesse, come quella “insetto”. Volevo che Philippe andasse oltre il suo approccio già un po’ folle, insomma grazie a diversi andirivieni siamo riusciti non solo a concludere soddisfatti il nostro lavoro, ma siamo diventati anche amici.

Per la prima volta hai lavorato per un lungometraggio d’animazione Nat e il segreto di Eleonora, una produzione italo/francese del 2009. Pur essendo il tuo lavoro sempre strettamente legato al libro, che conclusioni trai dopo quest’esperienza?

È stata un’esperienza che mi è piaciuta molto tant’è che sto lavorando su un altro film d’animazione dove curerò anche la regia. Il soggetto è tratto da un mio libro Taccuino Elvis (ed. Donzelli). Il libro è breve ma lo abbiamo rielaborato per farne un lungometraggio, è un lavoro che non uscirà certo domani, ci vorrà ancora un bel po’ di tempo. Certo il mio mestiere è legato al libro che non lascerò mai, ma calibrare una serie d’immagini che prendono vita al 100% grazie al movimento e al suono è un’esperienza unica, che mi ha arricchito professionalmente. E poi mi piacciono le nuove esperienze, provare nuove ricette,

Crei universi da sogno, in uno spazio immerso nella densità del colore, dove il tempo sembra sospeso, in questo senso le tue creazioni sembrano più vicine alla pittura. Cosa ne pensi?

Quando creo una scena voglio che non sia puramente decorativa, non mi accontento di fare qualcosa di piatto, diciamo di abbellire solo. Quando lavoro devo rivelare uno spazio, una luce, la profondità di campo, ho bisogno di creare delle scene, dei quadri. Prima di finire un’immagine ci metto tempo perché ho voglia che chi le guarda ci s’immerga dentro, ci passi del tempo lasciandosi andare nell’atmosfera e nello spazio. Sono affascinata dai grandi maestri come Bosch e Bruegel, mi piacciono le grandi scene, i ritratti, mi capita spesso di rimanere a guardarli per ore. Credo, come altri illustratori, di arrivare al mio lavoro, senza teoremi, e senza creare qualcosa di apposito, ma sentendo giorno dopo giorno la progressione. Non teorizzo molto sul mio lavoro, vado a feeling.”

Progetti?

Ho un nuovo progetto con Philippe Lechermeier, un lavoro sulla Bibbia di cui illustrerò 350 pagine. Mi è stato chiesto inoltre di lavorare su Seta di Alessandro Baricco… ne sono entusiasta, anche perché è la prima volta che illustro una storia per adulti.

Intervista a Rébecca Dautremer

Livia De Leoni, www.letteratura-per-ragazzi.it, 02/02/2011

L’intervista è ugualmente su www.donzelli.it

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